Torre Annunziata
Torre Annunziata
Torre Annunziata è un comune italiano della città metropolitana di Napoli in Campania. Si estende nell’insenatura più interna del golfo di Napoli in uno stretto lembo di terra cinta tra il Vesuvio e il mare: è infatti municipalità della Zona rossa del Vesuvio, importante centro balneare e membro del Parco regionale del fiume Sarno, che ne delimita il confine meridionale con la sua foce. Fin dalla fondazione ha fatto della pesca, del commercio, del turismo e della produzione della pasta le principali attività, tanto da essere detta Capitale dell’arte bianca, per la massiccia produzione che toccò il picco nel primo dopoguerra, con oltre sessanta tra mulini e pastifici, di cui restano in attività, tra i più noti e premiati al mondo, i marchi Voiello e Setaro. È dal periodo della prima rivoluzione industriale, un importante centro produttivo, prima nel settore metalmeccanico e siderurgico, e, ad oggi, nautico e farmaceutico, oltre che portuale, accogliendo il terzo porto della regione per estensione. È inoltre sede della Reale Fabbrica d’armi, principale fabbrica d’armi dell’intero regno delle due Sicilie, oggi gestita dall’Esercito Italiano. Sorge sui resti dell’antica Oplontis, città residenziale imperiale e patrizia, sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79, di cui conserva l’attiva stazione termale e il sito archeologico, dal 1997 riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Territorio
Torre Annunziata sorge nel Golfo di Napoli, alle pendici del Vesuvio, estendendosi da nord a sud per una lunghezza di circa sei chilometri, in una piccola insenatura compresa tra Capo Oncino e la foce del fiume Sarno, posta innanzi allo scoglio di Rovigliano, un turrito faraglione, sotto cui si insediano colonie di corallo.
Il territorio è pianeggiante ed è costituito principalmente da materiale vulcanico eruttato dal Vesuvio nel corso dei secoli, di cui è testimone l’arenile composto di sabbia nera. Il fiume Sarno, nell’antichità adorato come divinità, è stato motivo del rigoglio urbano del comune, tanto da essere sottoposto a canalizzazione per fornire il necessario sostentamento ai mulini nella prima epoca di produzione della pasta con un’opera voluta dal conte Muzio Tuttavilla verso la fine del XVI secolo. Tuttavia è oggi tra i principali motivi dell’inquinamento marino, essendo riconosciuto come il corso d’acqua più inquinato d’Europa, a causa di sversamenti illegali e mancanza, in alcuni comuni che il fiume attraversa, di adeguati sistemi di riqualificazione delle acque. Per tale motivo sono in atto opere di depurazione del bacino. All’inquinamento provocato dal fiume Sarno, si è aggiunto, soprattutto nel secolo scorso, quello provocato dalle attività industriali locali. Si è tuttavia contestualmente formata una sensibilità ambientale, ed ora le condizioni di inquinamento delle acque marine sono in progressivo miglioramento. L’area è stata interessata dal sisma del 1980, che provocò numerosi sfollati ed aprí una crisi nella statica di alcuni edifici, in particolare nel Rione Carceri, che è ancora in atto e non manca di destare l’interesse nazionale. Il principale rischio ambientale è, però, di natura vulcanica, per cui il comune è posto nella cosiddetta zona rossa, quella a maggior rischio di catastrofe nel caso di ripresa dell’attività eruttiva.
Storia
Località segnata sulla Tabula Peutingeriana con la simbologia usata per i siti termali. I primi abitanti della costa vesuviana e della valle del Sarno furono i Sarrastri mescolati ai Pelasgi, poi gli Osci. Nell’VIII secolo a.C. seguirono i Greci e poi gli Etruschi. Verso la fine del V secolo iniziò in Campania la dominazione dei Sanniti, spazzata via dai Romani solo nell’89 a.C. L’eruzione del Vesuvio del 79 distrusse tutto, dando inizio ad un periodo oscuro di circa un millennio durante il quale comparve una fitta vegetazione, il luogo fu così denominato Silva mala, poiché infestata da belve e ladroni. Il territorio fu altresì razziato da Genserico (da qui il culto della Festa dei Gigli di Nola); subì devastazioni durante la Guerra gotica (535-553) e le incursioni dei Saraceni, che saccheggiarono il monastero di Rovigliano nel 989. Verso l’anno 1000 si ebbero alcuni stanziamenti di abitanti presso il mare, dediti alla pesca e all’agricoltura, che man mano ripopolarono tutta la zona. E i boschi del sito divennero riserva reale di caccia. Il quartiere Terravecchia è sorto sul territorio di Silva mala (poi “Bosco delle tre Case”) e il quartiere Grazie in quello di “Nemus Regalis” (Bosco Reale) e il quartiere Annunziata al centro tra i due da cui era separato da due rii. Il 19 settembre 1319, Carlo d’Angiò donò con diploma emesso in Aversa per Don Bartolomeo di Capua Ministro di Stato e Protonotario del Regno, quattro moggia di terra a dei fedeli, Guglielmo di Nocera, Puccio Franconi di Napoli, Andrea Perrucci di Scafati, Matteo di Avitaya (Avitabile) che fondarono una chiesa dedicata alla Vergine Annunziata, un piccolo monastero e un ospizio nel luogo detto “La Calcarola”. Con la dinastia Angioina, Raimondo Orsini del Balzo conte di Nola fece costruire una prima Torre per la difesa. Tutto il casale (uno dei 33 casali di Napoli) prese, quindi, il nome di “Torre dell’Annunciata” e si sviluppò a fianco di quello di “Terra Vecchia”, a nord, parte dello Stato di Valle, feudo dei Piccolomini. Nel periodo Aragonese (1415) la regina Giovanna II d’Angiò donò il Casale e parte della Silva mala, in feudo ad un amalfitano, Conte Nicolò D’Alagno o d’Alagna o Alaneo, come scritto nell’epigrafe sotto l’arma, posta sul muro dello scalone lateranense (Arma Magnifici Militis Nicolai de Alaneo de Napoli Senatoris MCCCCVIII) primo feudatario (padre di Lucrezia favorita del re Alfonso V d’Aragona), che costruì una seconda Torre ben più robusta. Al dominio come feudo rustico della famiglia d’Alagna (1419-1512) succedettero i Galluccio di Tora (1512-1517), gli spagnoli de Bucchis italianizzato in Bucca (1517-1592-1608), i franco-normanni Tuttavilla conti di Sarno (1592- 1614). Nel XVII secolo si susseguirono le famiglie romane dei Colonna principi di Gallicano e duchi di Zagarolo (1624-1653) e dei Barberini principi di Palestrina (1662-1705) che acquistarono il feudo all’asta il 26 dicembre 1662. Ultimi feudatari furono i toscani Massarenghi (1705-1714) e gli amalfitani Dentice del Pesce principi di Frasso (1714-1806). Il feudo si estese, furono costruiti mulini e la Real Zecca alla foce del Canale del Sarno (1597, consulente l’architetto Domenico Fontana) per sfruttare le sue acque. Il feudo di Torre Annunziata era completamente circondato dallo Stato di Valle dei principi Piccolomini in continuum abitativo territoriale e le dispute sui confini si protrassero per secoli. La borgata di Torre dell’Annunciata si ampliò urbanisticamente con la costruzione, prima di nuove chiese e poi di case e opifici, la Real Polveriera (1652). L’eruzione del Vesuvio del 1631 distrusse quasi completamente tutta la zona e le borgate, ma la ricostruzione iniziò subito, richiamando gente principalmente dalla costiera Sorrentina e da tutte le parti d’Italia, finanche dall’estero. Carlo III diede un importante impulso industriale facendovi costruire nel 1758 la Real Fabbrica d’armi (che vide la luce grazie prima a Francesco Sabatini, della scuola vanvitelliana e poi a Ferdinando Fuga), la Real Ferriera (1791), che si affiancò allo sviluppo dei mulini e dei pastifici per l’afflusso sempre maggiore di popolazione, segnando così l’inizio dell’Ottocento, secolo d’oro della città. Nel 1806 sotto il regno di Giuseppe Bonaparte cessò ogni dominio feudale. Dal 1810 al 1815, regnando a Napoli Gioacchino Murat, Torre Annunziata divenne Gioacchinopoli (fusione dei casali di Torre Annunziata e Terravecchia). Nel 1842 sotto la restaurazione borbonica si prolungò la ferrovia da Portici fino a Torre Annunziata. Con il Regno d’Italia fu prolungata fino in Calabria. Nel 1871 furono terminati i lavori del porto e dello scalo marittimo delle ferrovie. Si ebbe un notevole sviluppo commerciale con importazione di grano e carbone e un’esportazione mondiale di paste alimentari. Si aggregarono al comune di Torre Annunziata le frazioni Oncino e Grazie. Alla fine dell’Ottocento Torre Annunziata era un immenso pastificio che assorbiva il 60% della forza lavoro. Nel 1887 nasce la Ferriera del Vesuvio e nel 1898 la Circumvesuviana. Le attività industriali fiorirono fino alla seconda guerra mondiale, nonostante le eruzioni del Vesuvio del 1906 e la prima guerra mondiale. Il 13 aprile 1928 si costituì il comune autonomo di Pompei, Torre Annunziata cedette le frazioni La Civita di Valle e Pontenuovo, ovvero l’intero territorio degli Scavi archeologici di Pompei fino al Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Il 1943 fu l’anno della crisi dell'”arte bianca”. Nel 1946 i comuni di Boscotrecase e Boscoreale, aggregati in precedenza alla “Grande Torre Annunziata”, seconda città della Campania per popolazione e sviluppo, riottennero l’autonomia. La richiesta di compensazione territoriale con l’aggregazione della frazione Santa Maria La Bruna (Torre del Greco) e di Trecase, all’epoca frazione di Boscotrecase, non ebbe esito. Negli anni ottanta, dagli ambienti della malavita napoletana, fu portato a compimento l’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, che operava come corrispondente in città. Per l’omicidio nessun membro dei clan locali è stato ritenuto responsabile, il boss Valentino Gionta è stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. A partire dagli anni novanta, l’intervento pubblico, per fronteggiare la crisi economica e sociale che ha riguardato l’intera area con la chiusura dei principali stabilimenti localizzati a Torre Annunziata, si è espresso attraverso la Programmazione negoziata ovvero la stipula con le parti sociali di un Contratto d’Area “Torrese-Stabiese” al fine di riutilizzare le aree industriali dismesse con nuove iniziative imprenditoriali e fronteggiare la disoccupazione a livello locale. Il contratto d’area è stato gestito dalla TESS che attualmente, divenuta agenzia di sviluppo locale, si occupa di un’area più vasta denominata “Costa del Vesuvio” che unisce l’area torrese-stabiese e quella attigua precedentemente interessata dal Patto territoriale del Miglio d’Oro.
Siti archeologici
Nella zona inoltre è possibile riconoscere altri tipi di ritrovamenti come i ruderi delle terme di Marco Crasso Frugi, situati nei pressi delle attuali Terme Vesuviane oppure le Saline Erculee, poste lungo la costa verso la foce del fiume Sarno: qui sorgeva il pago delle saline, cioè il sobborgo delle cave di sale. Dal 1997 il sito archeologico di Oplontis è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO
Antiche terme:
Terme del console Marco Crasso Frugi (64 d.C.), visibili i ruderi lungo la via Litoranea Marconi e all’interno delle attuali Terme Vesuviane.
Le Terme Vesuviane
Terme
Terme Vesuviane, già Terme Nunziante e Terme Nunziante-Manzo, fondate dal generale Vito Nunziante nel 1831 sul luogo delle antiche terme.
Terme Manzo, site all’angolo tra via Vesuvio e corso Umberto I, poi trasformate in pastificio. Resta ancora l’iscrizione sulla facciata del palazzo.
Terme Montella, site al corso Umberto I, poi trasformate in molino e pastificio, eclettica la facciata del palazzo, scomparsa la torretta esagonale.
Terme Filangieri.
Acque minerali
Acqua Santa Lucia (Villa Comunale S. Lucia al molo di Levante)
Acqua Filangieri (Terme Filangieri)
Acqua Cestilia (Terme Manzo)
Acqua Nathanson Duché & Co. (Ferriera del Vesuvio)
Acqua Dati (Pastificio Dati)
Acqua Minerva (Pastificio Jennaco)
Acqua Vesuviana Nunziante (Terme Vesuviane)
Acqua Oplontina (Pastificio Orsini)
Acqua Montella (Terme Montella)
Oplonti
Oplontis era una zona suburbana della vicina Pompei, corrispondente all’attuale Torre Annunziata, in Campania, sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79. Dell’antica Oplontis si hanno delle notizie molto frammentarie. Il suo nome compare per la prima volta durante il medioevo nella Tabula Peutingeriana. Il sito viene indicato a sei miglia da Ercolano e a tre da Pompei e Stabiae, e secondo le indicazioni della mappa più che una vera e propria città, si tratterebbe di un insediamento suburbano della vicina Pompei dove erano presenti alcune ville di villeggiatura, diverse fattorie, saline e complessi termali, vista la ricchezza di acque della zona: infatti sulla Tabula la località è rappresentata con il simbolo di solito utilizzato per i luoghi termali, tesi attestata anche da resti di edifici adibiti a tale funzione che sono stati rinvenuti nella zona di Torre Annunziata. Tutta l’area venne seppellita sotto una coltre di cenere durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 e una ripresa della vita si avrà soltanto molti secoli dopo con lo sviluppo della moderna città di Torre Annunziata. Sulle origini del nome Oplontis sono state fatte diverse ipotesi: potrebbe derivare dal latino opulentia («luogo opulento»), opla («luogo di pescatori»), poplus («pioppo», ovvero pioppeto ove si lega la vite a spalliera) oppure dal greco oplon (luogo di posta degli opliti, guerrieri dalle lunghe lance), apopolotes («città distrutta»). Infine, è stato anche ipotizzato un errore del cartografo nella trascrizione, per la locuzione latina ob fontis («fonte, luogo termale») essendo presenti in zona delle terme. Nel XVIII secolo, sotto l’influsso dei ritrovamenti archeologici di Pompei, Ercolano e Stabiae, anche ad Oplontis furono avviate delle campagne di scavo ben presto sospese sia per la mancanza di fondi, sia per l’aria nefasta dove questi si svolgevano, ossia in una zona paludosa nei pressi del fiume Sarno. Dal 1964 sono iniziati gli scavi di una villa denominata di Poppea ed in seguito di un’altra villa denominata di Lucio Crasso Tertius: ad oggi nessuna delle due è stata completamente esplorata. Nel 1997 gli scavi sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
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